La controversia sorta tra Ford Motor Company e Ferrari sul nome scelto per la monoposto che gareggerà nel mondiale 2011 di Formula 1 ha recentemente fatto notizia su quasi tutti i quotidiani nazionali. Da quanto si è riusciti ad apprendere, Ford ha citato la rossa di Maranello innanzi al giudice di Detroit per contraffazione di marchio registrato, ritenendo che il nome F150 scelto per celebrare il 150° dell’unità d’Italia sia in violazione del marchio registrato “F-150”, il furgone pick up più popolare negli Stati Uniti che Ford produce sin dagli anni ’70. La stampa italiana ha reagito bollando l’iniziativa giudiziaria di Ford come un pretesto per ottenere un ritorno di pubblicità del furgone F-150. Alcuni hanno anche suggerito che si tratti di un caso montato ad arte da Ford per ostacolare Fiat, che sta aggredendo il mercato americano attraverso la joint-venture con Chrysler.

È facile immaginare che il problema sia più complesso di come lo riportano i giornali. Si potrebbe sostenere che non vi sia un reale interesse da parte di Ford in questo caso in quanto la confondibilità effettiva tra i due prodotti potrebbe non sussistere (è ovvio, infatti, che non è seriamente ipotizzabile un comune pubblico di riferimento). Non si può tuttavia trascurare il fatto che il mondiale di F1 si rivolge ad un pubblico vastissimo per numeri ed estensione territoriale e che, di conseguenza, il marchio della Ferrari avrà una visibilità e diffusione ampissima. Non è poi del tutto casuale che Ford (il cui marchio F-150 è anche oggetto di una registrazione per marchio comunitario) abbia scelto di azionare il proprio marchio negli Stati Uniti (dove il pick-up F-150 è diffusissimo e non ha certo bisogno di pubblicità). È noto infatti che l’ordinamento statunitense è molto severo nel valutare la volgarizzazione del marchio, che viene valutata su base oggettiva e indipendentemente dalla condotta del titolare (diversamente dall’Italia, dove il marchio ai sensi dell’art. 13 CPI decade se, per il fatto dell’attività o dell’inattività del suo titolare, sia divenuto nel commercio denominazione generica del prodotto o servizio o abbia comunque perduto la sua capacità distintiva). E’ comprensibile quindi che la preoccupazione dei titolari di marchi registrati, giustificata dalla severità dell’ordinamento statunitense sulla volgarizzazione, generi reazioni che possono essere giudicate eccessive dall’esterno.

Quello che lascia perplessi della condotta Ford è piuttosto la contestuale azione  ai sensi dell’Anticybersquatting Consumer Protection Act (ACPA), con cui la casa statunitense sostiene che il nome a dominio www.ferrarif150.com costituisce appunto una fattispecie di “cybersquatting” che si realizza quando un soggetto mosso dall’intento di trarre profitto in mala fede da quel marchio, registri o utilizzi un nome a dominio che sia identico o simile a detto marchio o, nel caso di marchio famoso, idoneo a pregiudicarne il carattere distintivo. Invero, nel battezzare le proprie monoposto la scuderia di Maranello ha spesso utilizzato la combinazione alfanumerica composta dalla lettera F e cifre celebrative di determinati avvenimenti (si pensi alla F2002 o alla F2003GA in ricordo di Giovanni Agnelli, per citarne alcune). Era poi ampiamente annunciato che la vettura del 2011 si sarebbe chiamata F150 per celebrare il 150° dell’unità d’Italia. Risulta quindi difficile (almeno in assenza di altri elementi, a noi ignoti) che Ferrari possa avere agito in mala fede nel momento in cui ha registrato il proprio dominio www.ferrarif150.com. Con invidiabile presenza di spirito, qualcuno ha suggerito a Fiat di ricambiare il favore citando in giudizio Ford per il suo modello Gran Torino.