L’8 marzo 2011 la Corte di Giustizia ha reso il suo parere in merito alla compatibilità con i Trattati dell’accordo per la creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti. La richiesta di un pronunciamento da parte della Corte era stata presentata dal Consiglio UE ai sensi dell’art. 218 del Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea (TFUE)nell’ambito della procedura di negoziazione in corso tra gli Stati membri per la creazione di un unico Tribunale dei brevetti comunitario. Stando all’accordo così come sottoposto alla Corte, il Tribunale dei brevetti comunitario (progetto che va di pari passo con l’istituzione di un unico titolo brevettuale comunitario) sarebbe competente a conoscere in via esclusiva di un numero rilevante di controversie tra privati in materia brevettuale: sostanzialmente, tutte le controversie in materia brevettuale sorte fra cittadini dell’Unione, stante l’elencazione omnicomprensiva proposta dal Consiglio. La Corte si è espressa in senso negativo. Ha infatti rilevato che, stando ai Trattati, sono i giudici nazionali a garantire un’uniforme applicazione del diritto all’interno dell’Unione. Secondo la Corte ciò troverebbe una conferma nell’art. 267 del Trattato, che disciplina il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in tutti i casi in cui un organo giurisdizionale nazionale reputi necessario rivolgersi alla Corte affinché si pronunci sulla questione concernente una norma comunitaria. Secondo la Corte, infatti, l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione passa attraverso il “pluralismo giurisdizionale” dei giudici nazionali, ovvero la cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali secondo il meccanismo di cui all’art. 267 TFUE, con questi ultimi che partecipano strettamente alla corretta applicazione e all’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché alla tutela dei diritti attribuiti da quest’ordinamento giuridico ai privati. Al Tribunale dei brevetti comunitario, così come configurato dal progetto del Consiglio, spetterebbe la competenza a decidere le questioni tra privati in materia di brevetti ed esso diverrebbe l’unico organo giurisdizionale competente ad interpretare e ad applicare il diritto dell’Unione in questa materia, privando i giudici degli Stati membri della loro competenza in materia di interpretazione e di applicazione del diritto dell’unione (prevista dai Trattati) e quindi anche della Corte a risolvere le questioni proposte da detti giudici. Verrebbero così snaturate le competenze attribuite dai Trattati alle istituzioni dell’Unione e agli Stati membri. In altre parole, verrebbe meno il “pluralismo giurisdizionale” da cui, secondo la ratio ispiratrice degli stessi Trattati, dipende l’uniforme applicazione del diritto in tutti gli Stati appartenenti all’UE.