grandarcade_hero.jpg

E’ stata pubblicata ieri la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Apple (C- 421/13) relativo alla registrazione come marchio del format dell’Apple Store, e la Corte a detto che potrebbe in effetti trattarsi di marchio valido.

E’ noto agli addetti ai lavori che la protezione della tutela dei format commerciali – siano essi relativi a c.d. flagship stores di prodotti (tipicamente nel campo dell’abbigliamento, ma non solo) o a esercizi di ristorazione, bar o simili – non è questione di facile soluzione: fino a che punto può lo strumento del marchio servire a proteggere l’aspetto specifico, il format, del negozio o ristorante, oltre ovviamente all’insegna ed al marchio propriamente detto utilizzato all’interno dello stesso? Possono servire altre forme di tutela, quali ad esempio il design registrato o il diritto d’autore? Secondo la Corte di Giustizia, è chiaramente ipotizzabile una registrazione di marchio che riguardi “l’allestimento di uno spazio vendita”.Apple C-421-13-1.png

 

Il caso riguarda il marchio tridimensionale (raffigurato in alto) depositato da Apple negli Stati Uniti e poi esteso in vari Paesi europei ai sensi dell’Accordo di Madrid. In seguito al diniego dell’ufficio tedesco, secondo cui la rappresentazione degli spazi destinati alla vendita non sarebbe altro che “la rappresentazione di un aspetto essenziale dell’attività di tale impresa”, cosicché “se è pur vero che il consumatore può interpretare l’allestimento di un simile spazio come un’indicazione del valore e della categoria di prezzi dei prodotti, detto allestimento non verrà da lui percepito come un’indicazione dell’origine di questi ultimi”, e secondo cui “peraltro, lo spazio di vendita rappresentato nella fattispecie non si distinguerebbe a sufficienza dai negozi di altri fornitori di prodotti elettronici”, il caso è giunto tramite rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Questa ha chiarito che La rappresentazione oggetto del deposito di Apple costituisce a tutti gli effetti “un segno riproducibile graficamente”, e potenzialmente dotato di capacità distintiva, secondo quanto previsto dall’art. 2 della Direttiva 2008/95.  La Corte ha in particolare affermato che “una rappresentazione, come quella di cui al procedimento principale, che raffigura l’allestimento di uno spazio di vendita mediante un insieme continuo di linee, di contorni e di forme può costituire un marchio; inoltre ”non si può escludere che l’allestimento di uno spazio di vendita raffigurato da un segno siffatto consenta di identificare i prodotti o i servizi per i quali è richiesta la registrazione come provenienti da una determinata impresa”.

In relazione invece a quali prodotti o servizi una siffatta registrazione di marchio debba riferirsi, la Corte ha affermato che “se non vi osta alcuno degli impedimenti alla registrazione enunciati nella direttiva 2008/95, un segno che rappresenta l’allestimento dei negozi‑bandiera di un fabbricante di prodotti può validamente essere registrato non solo per tali prodotti, ma anche per prestazioni che rientrano in una delle classi dell’Accordo di Nizza relative ai servizi, ove dette prestazioni non costituiscano parte integrante della messa in vendita dei prodotti medesimi. Talune prestazioni, come quelle menzionate nella domanda dell’Apple e da questa chiarite nel corso dell’udienza – consistenti nell’effettuare, in simili negozi, dimostrazioni dei prodotti ivi esposti mediante seminari –, possono esse stesse costituire prestazioni retribuite rientranti nella nozione di «servizio»”. In altre parole, sembra che la Corte avalli la registrazione del disegno rappresentativo del format del negozio per i prodotti venduti nel negozio stesso. Se invece, come nel caso specifico (il marchio di Apple era stato depositato in classe 35 – servizi di vendita al dettaglio relativi a computer, software, ecc.) si intende registrare il marchio per un servizio, deve trattarsi di un servizio che vada al di là della semplice offerta in vendita dei prodotti all’interno del flagship store.

Vedremo l’evoluzione di questa giurisprudenza. Intanto, sembra si tratti di linee guida interessanti per chi intenda proteggere i propri format commerciali.