Come forse ancora non tutti sanno, a seguito della recente approvazione da parte del Parlamento Europeo, lo scorso 31 dicembre è stato pubblicato sulla Gazzetta dell’Unione il Regolamento istitutivo del brevetto europeo con effetto unitario (il c.d. brevetto unitario). Poco dopo (il 13 gennaio) è stata pubblicata sul server del Consiglio Europeo la versione definitiva dell’accordo istitutivo di una Corte centralizzata europea dei brevetti. Dal 19 febbraio il testo dell’accordo sarà aperto alle sottoscrizioni e dovrà quindi essere ratificato secondo le regole costituzionali di ciascuno stato membro. L’entrata in vigore del nuovo sistema è subordinata alla ratifica dell’accordo istitutivo della Corte centralizzata da parte di almeno 13 paesi firmatari (sempre che tra questi tredici paesi vi siano i primi tre paesi per numero di brevetti europei validati, ossia essenzialmente Germania, Francia e Regno Unito).
I testi di regolamento ed accordo sono disponibili rispettivamente qui e qui.
Si sono quindi ormai esaurite tanto la fase negoziale intergovernativa che l’iter legislativo in seno alle istituzioni comunitarie e l’unico ostacolo ancora esistente sulla strada dell’istituzione del brevetto unitario è rappresentato dalla ratifica da parte dei singoli ordinamenti nazionali. Pur non essendo affatto detto che ciò accada (basti ricordare che anche l’ultimo vero tentativo di istituzione di un brevetto unitario, ossia l’accordo sul brevetto comunitario del 1989, venne sottoscritto ma mai ratificato da un sufficiente numero di stati firmatari), non si può non prendere seriamente in considerazione questa eventualità.
Come noto, l’Italia ha partecipato alle negoziazioni che hanno portato alla stesura dell’accordo istitutivo della Corte centralizzata ma si è opposta all’istituzione del brevetto unitario in ragione del regime trilinguistico adottato (in base al quale uniche lingue ufficiali del nuovo sistema saranno inglese, tedesco e francese). Avverso la decisione di procedere sulla base di un regime trilinguistico il nostro governo, unitamente a quello spagnolo, ha proposto ricorso alla Corte di Giustizia e siamo ora in attesa della sentenza (ci siamo già occupati più volte di tali questioni; per maggiori approfondimenti circa la posizione dell’Italia sul punto e le chance di successo del nostro ricorso vedi in particolare i post pubblicati qui, qui e qui).
Ciò significa che la posizione del nostro paese è di contrasto al solo regolamento sul brevetto unitario, e non alla creazione di una Corte centralizzata retta dalle regole attualmente previste dall’accordo istitutivo. In forza di tali regole la Corte Centralizzata avrà giurisdizione tanto sui brevetti unitari che sui brevetti europei concessi ai sensi della vigente Convenzione sul Brevetto Europeo. Ciò evidentemente implica che se si dovesse giungere all’istituzione della Corte centralizzata con ratifica anche da parte dell’Italia, tutte le imprese italiane sarebbero soggette a tale nuovo sistema giurisdizionale, quanto meno con riferimento ai brevetti europei (con possibilità di successiva adesione del nostro paese anche al sistema del brevetto unitario).
In una tale situazione, è a dir poco sconcertante che una questione di tale importanza per il nostro apparato produttivo sia totalmente estranea al dibattito pubblico e totalmente ignorata dalle nostre istituzioni. Non solo, sembra che manchi una vera comprensione di quali sarebbero i reali effetti operativi nel caso in cui si dovesse giungere all’istituzione della Corte centralizzata. A parte una serie di prese di posizione estemporanee, prive di qualsivoglia supporto empirico, mancano studi anche solo minimamente approfonditi circa le conseguenze economiche ed operative che il nuovo sistema avrebbe sul tessuto produttivo italiano.
La stessa Confindustria, che si dichiara favorevole all’introduzione del nuovo sistema, sembra concentrarsi esclusivamente sul risparmio dei costi di traduzione che deriverebbe dalla creazione di un brevetto unitario, un aspetto del tutto secondario e per la cui soluzione non è certamente necessaria l’istituzione di un titolo brevettuale unitario europeo: basti pensare che già esiste il c.d. London Agreement che appunto esenta le imprese titolari di brevetti europei dall’obbligo di depositare la traduzione dei propri brevetti in tutti i paesi che l’hanno sottoscritto. A ciò si aggiunga che i costi di traduzione che vengono sempre citati dai sostenitori dell’introduzione del nuovo sistema sono assolutamente irrealistici, prendendo essi espressamente come riferimento il costo che sarebbe necessario sostenere per validare un brevetto europeo in tutti i paesi membri dell’Unione. Peccato che si tratta di una eventualità più unica che rara, essendo la protezione della maggior parte dei brevetti europei oggi concessi estesa solo ad un ristretto numero di paesi (molti dei quali sono peraltro già parte del London Agreement). Ciò è vero in particolare per i brevetti depositati dalle imprese italiane, che hanno un’estensione territoriale media tradizionalmente limitata a pochissimi paesi, in ragione delle caratteristiche dei sottostanti settori tecnologici (principalmente meccanico, elettromeccanico ed elettronico). Non solo, nessuno ricorda che le imprese italiane depositano solo 4000 brevetti europei all’anno (e sembra che pochissime aziende da sole coprano quasi il 50% di questo numero), a fronte degli oltre 50.000 brevetti depositati dalle aziende statunitensi ed agli oltre 30.000 brevetti delle imprese tedesche. In un tale scenario, il risparmio del costo delle traduzioni per le imprese italiane diventa evidentemente una questione ancor più irrilevante.
Non si dica quindi che il brevetto unitario sarebbe necessario per ridurre i costi di traduzione. Il risparmio sarebbe assolutamente relativo e, soprattutto, lo stesso effetto potrebbe essere perfettamente ottenuto con una semplice modifica migliorativa dell’attuale sistema.
L’accento che da tutte le parti si pone su questo aspetto del tutto secondario è quindi largamente indicativo di quella che è la comprensione italiana della portata letteralmente rivoluzionaria che l’istituzione di una Corte centralizzata avrebbe per il sistema brevettuale. Non solo, il fatto che la stessa Commissione europea ponga continuamente – e quasi esclusivamente – l’accento su tale aspetto la dice lunga del totale decifit informativo che accompagna l’intero progetto e della totale mancanza di dati minimamente attendibili circa quelli che sarebbero gli effetti economici derivanti dall’introduzione di una Corte centralizzata.
Ma quali sono quindi le vere significative conseguenze che deriverebbero dall’istituzione di una Corte centralizzata con giurisdizione paneuropea? Un po’ di pazienza. Sul punto si tornerà tra pochissimo.