mbc dop.jpgNelle ultime settimane la Mozzarella di Bufala Campana DOP ha seriamente rischiato l’estinzione per effetto di un cortocircuito legislativo cui si è riusciti a porre rimedio con un decreto del Ministro per le Politiche Agricole pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 aprile 2013, giusto in tempo per scongiurare i ritardi che si sarebbero verificati a causa del passaggio di consegne tra il Ministro per le Politiche Agricole dimissionario e quello appena instauratosi con il governo Letta.

In buona sostanza, una norma adottata nell’intento di garantire specifiche esigenze di tutela dei consumatori e quindi, indirettamente, anche l’integrità della denominazione di origine protetta Mozzarella di Bufala Campana, si è trasformata in un vero e proprio boomerang che ha seriamente rischiato di affossare la quarta DOP per importanza in Italia.

Il problema origina dall’art. 4 quinquesdecies del decreto legge n. 171/2008 (poi convertito in legge 295/2008), che ha introdotto l’obbligo di utilizzare, ai fini della produzione di Mozzarella di Bufala Campana DOP, stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. Tale obbligo sarebbe dovuto entrare in vigore  a partire dal 1 gennaio 2013, e la norma specificava che al fine di garantire le esigenze di programmazione dei produttori, le modalità attuative cui questi avrebbero dovuto attenersi sarebbero state specificate con decreto attuativo da emanarsi entro il 30 giugno 2009 da parte del Ministero delle Politiche Agricole. 

Il decreto ministeriale è stato adottato in data 6 marzo 2013 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 marzo 2013, peraltro in netto ritardo rispetto al termine del 30 giugno 2009 ritenuto adeguato a garantire le esigenze di programmazione dei produttori.

Detto decreto, lungi dal contenere modalità attuative sufficientemente dettagliate e non interpretabili,  si limitava a prevedere il divieto, per i produttori di MBC DOP, di detenere e stoccare materie prime e cagliate bufaline diverse da latte e cagliate bufaline dedicate esclusivamente alla lavorazione della DOP Mozzarella di Bufala Campana, a partire dal 30 giugno 2013. In altre parole, si pretendeva di garantire la separazione degli stabilimenti prevista all’art. 4-quinquesdecies attraverso il divieto assoluto di detenere e conservare, presso gli stabilimenti destinati alla produzione di MBC DOP, latte e cagliate non conformi ai requisiti previsti dal disciplinare di produzione della MBC DOP.

Un simile regime avrebbe però messo a dura prova la tenuta delle realtà produttive di MBC DOP. Da un lato, infatti, per i produttori di MBC DOP è vitale poter sostenere il proprio fatturato attraverso la produzione e vendita ai caseifici anche di altri prodotti derivati del latte di bufala. Basti considerare che all’art. 3 del DM 18 settembre 2003 recante il disciplinare di produzione della Mozzarella di Bufala Campana è previsto che il latte di bufala debba essere consegnato al caseificio, opportunamente filtrato con mezzi tradizionali e trasformato in Mozzarella di Bufala Campana entro la 60ª ora dalla mungitura. Con un simile requisito di produzione – che costituisce un caso unico del panorama caseario e che già di per sé costituisce un grosso limite per i produttori di MBC DOP – la sola produzione di MBC DOP non è sufficiente ad assorbire tutto il latte proveniente da una singola mungitura, tranne nel caso di ordini per quantitativi straordinari, circostanza peraltro che è difficile o impossibile che si realizzi considerato che la MBC è un prodotto fresco. Di qui la necessità per i produttori di conservare il latte non utilizzato entro le sessanta ore, e quindi non più conforme al disciplinare di produzione di Mozzarella Bufala Campana DOP, e utilizzarlo per la produzione di altri prodotti a base di latte e cagliate bufaline. Dall’altro lato, l’allestimento di stabilimenti separati esclusivamente adibiti alla produzione di MBC DOP e alla detenzione di latte e cagliate ottenute da mungiture “fuori termine”, sarebbe risultato in un investimento non sostenibile, costringendo la quasi totalità dei produttori di MBC DOP a scegliere tra l’abbandono della produzione di MBC DOP e la chiusura dei propri stabilimenti.

L’entrata in vigore di un simile divieto, che avrebbe probabilmente affossato la Mozzarella di Bufala Campana DOP, è stata scongiurata dall’adozione di un nuovo decreto ministeriale in data 24 aprile 2013 con cui, in abrogazione di quanto previsto al decreto ministeriale del 6 marzo 2013, si è chiarito che il divieto di produrre MBC DOP in stabilimenti destinati ad altri tipi di formaggi o preparati alimentari non si estende anche ai sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, inclusa la ricotta, e che e’ vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline idonee alle lavorazioni di MBC DOP e di detti sottoprodotti o derivati.

A questa correzione si è arrivati grazie anche agli sforzi del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP, profusosi in una forte campagna di sensibilizzazione. Sul relativo sito internet era anche apparso un conto alla rovescia dei giorni che separavano la MBC DOP dall’entrata in vigore del divieto “fatale”.

L’intera vicenda ha però dell’assurdo: l’art. 4-quinquedecies del d.l. 171/2008, che almeno formalmente è stato adottato nell’intento di tutelare i consumatori da possibili frodi e, quindi, di garantire l’integrità del prodotto Mozzarella di Bufala Campana e della relativa denominazione di origine protetta, ha rischiato di trasformarsi in un boomerang a causa dell’assenza da parte del Ministero delle Politiche Agricole della benché minima analisi del tessuto produttivo su cui le modalità di attuazione inizialmente prescelte sarebbero andate ad impattare.

Si potrebbe quasi dire che in questo caso la MBC DOP, uno dei tanti esempi di eccellenza italiana, è stata costretta a difendersi da sé stessa, adoperando sforzi ed energie che invece dovrebbero poter essere indirizzati verso la valorizzazione del prodotto e le possibilità che esso potrebbe avere nei mercati in espansione. Tutto questo per via di quello che sembra essere stato un approccio semplicemente superficiale da parte del legislatore italiano in sede di adozione del decreto ministeriale 6 marzo 2013, l’ennesima inefficienza di un sistema paese che avvilisce le potenzialità dei prodotti italiani e su cui, ancora una volta, vale la pena riflettere.