Qualcuno finalmente si prenderà cura delle cosiddette “opere orfane” anche in Italia. È quanto ha stabilito il recentissimo D.lgs. n. 163 del 10 novembre 2014 che, nel recepire la direttiva n. 2012/28/UE, ha introdotto all’art. 1 nuove disposizioni nella legge sul diritto d’autore (artt. 69bis-69-septies). L’input riformatore risale al 2006 quando una raccomandazione della Commissione europea (2006/585/CE) aveva prospettato un miglioramento delle condizioni per la digitalizzazione del materiale culturale con la creazione di meccanismi che facilitassero l’accesso alle opere orfane.
Ed è proprio nel più ampio quadro della digitalizzazione del patrimonio culturale europeo che gli sforzi del legislatore europeo si sono concentrati, per consentire la digitalizzazione di opere orfane senza necessariamente richiedere il consenso di un autore non individuato o non rintracciabile. Il fenomeno meritava una minuziosa regolamentazione in quanto per milioni di opere che compongono il patrimonio culturale europeo il titolare non è rintracciabile, e forse mai lo sarà. Si pensi, a titolo esemplificativo e paradigmatico, che la sola biblioteca britannica ha stimato che circa il 40% delle opere creative contenute nei suoi 150 milioni di volumi è costituito da opere orfane.
Ai sensi della direttiva n. 2012/28/UE, sono considerate “orfane” le opere pubblicate sotto varie forme (libri, riviste, quotidiani, rotocalchi, opere cinematografiche o audiovisive e fonogrammi), create da un autore non individuato o comunque non rintracciabile, e che siano presenti in biblioteche, istituti di istruzione, musei o archivi, istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro ed emittenti di servizio pubblico aventi sede negli Stati membri.
La direttiva aveva indicato con chiarezza gli usi consentiti ed i limiti da applicare all’utilizzo delle opere orfane, lasciando decidere ai legislatori dei singoli Stati membri la forma e i mezzi migliori per realizzare compiutamente tali ambiti.
Il legislatore italiano ha provveduto a trasporre nel testo del decreto legislativo n. 163/2014 il medesimo apparato definitorio della direttiva, prevedendo però una disciplina più dettagliata sulle modalità per qualificare un’opera come orfana.
Ed infatti, per la qualificazione di un’opera come “orfana” è necessaria una preventiva “ricerca diligente” da parte delle biblioteche e degli altri istituiti indicati all’art. 69-bis, passando al setaccio le fonti di informazione per ciascuna categoria di opere o fonogrammi. Sul punto, la direttiva del 2012 aveva lasciato ampio margine agli Stati membri nell’elencazione delle fonti interne più appropriate per tale ricerca e, così, il legislatore italiano ha tracciato un ampio ventaglio di fonti tra cui spiccano il Registro Pubblico Generale delle Opere Protette, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali, la banca dati dell’agenzia italiana ISBN ed ovviamente quella della SIAE. Come in tutte le indagini che si rispettano, la ricerca dell’autore ha inizio nello Stato membro di prima pubblicazione o trasmissione dell’opera, nonché nello Stato membro in cui risiede il produttore in caso di opere cinematografiche. Se sussistono fondate ragioni per ritenere che tali informazioni sui titolari si trovino in altri Stati membri, si procederà con la consultazione delle fonti extranazionali.
Solo in caso di esito negativo delle ricerche l’opera potrà essere considerata “orfana”, e questo status è riconosciuto reciprocamente in tutti gli Stati membri, a prescindere dal Paese che lo ha materialmente accertato, e ciò evidentemente per evitare che la stessa ricerca sia ripetuta più volte. Il decreto legislativo in esame ha previsto altresì che gli istituti di cui al predetto art. 69-bis devono comunicare al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, alla Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore, la data d’inizio della ricerca diligente, i relativi esiti e tutte le eventuali vicende modificative dello status di opera orfana.
Le opere orfane possono essere utilizzate soltanto da biblioteche, istituti di istruzione, musei o archivi, istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e le emittenti di servizio pubblico, unicamente per scopi di conservazione, restauro e concessione per fini culturali e formativi. Per di più, conformemente alla ratiodel legislatore europeo, sarà possibile generare ricavi dall’utilizzo delle opere o fonogrammi a condizione che i proventi vengano reinvestiti per la conservazione e il restauro di altre opere orfane, al fine di favorirne la digitalizzazione. Pertanto, le biblioteche e gli altri istituti avranno la facoltà di concludere accordi commerciali purché a) i proventi generati vengano utilizzati per coprire i costi per la digitalizzazione delle opere orfane e per la messa a disposizione al pubblico delle stesse e b) tali accordi non conferiscano al partner commerciale alcun diritto ad utilizzare le opere orfane o a controllarne l’utilizzo.
E se l’autore dell’opera dovesse farsi avanti e rivendicare i suoi diritti? Bene, in tal caso l’art. 69-quinquiesprevede che l’opera perderà il suo status di “opera orfana” e al titolare dovrà essere corrisposto un equo compenso per l’utilizzo che è stato fatto della sua opera, determinato sulla base degli accordi stipulati tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative dei titolari dei diritti d’autore.