Lo scorso 5 luglio 2022 la Commissione Ricorsi dell’Ufficio Brevetti Europeo (“EPO”) ha pubblicato le motivazioni scritte della decisione resa nel celebre caso DABUS (J 8/20). Tale decisione conferma in toto la posizione espressa nel 2020 dalla Sezione ricevente dell’EPO e ribadisce che solo un essere umano può essere designato come inventore nel quadro del sistema retto dalla Convenzione di Monaco (“EPC”). 

I fatti all’origine della vicenda: il caso DABUS

Il 17 ottobre e il 7 novembre 2018, mentre Christie’s batteva all’asta la prima opera d’arte generata da un’Intelligenza Artificiale (“AI”) ad essere venduta sul mercato d’arte mondiale, il Dr. Stephen Thaler, inventore di DABUS e pioniere nel campo dell’AI, depositava presso l’Ufficio Brevetti del Regno Unito (“UKIPO”) due domande di brevetto europeo, poi trasmesse all’EPO, in cui, per la prima volta nella storia, veniva designato come inventore un sistema AI.

Dopo aver ascoltato gli argomenti del richiedente in un’udienza non pubblica, tenutasi nel novembre 2019, l’EPO aveva rigettato entrambe le domande di brevetto, dal momento che, ai sensi della normativa vigente, la paternità dell’invenzione non può che essere attribuita ad una persona fisica, essendo le cose prive di capacità giuridica (cfr. EPO – Divisione d’Esame, 27.01.2020, appl. n. 18 275 163.6, par. 19 – 29).

La decisione della Commissione Ricorsi

Già al termine delle discussioni orali del 21 dicembre 2021, la Commissione Ricorsi aveva annunciato la sua decisione di rigettare l’appello proposto dal Dr. Thaler. Le ragioni alla base di tale diniego si fondano sulla carenza dei requisiti formali che nel sistema europeo regolano la designazione dell’inventore (in particolare gli artt. 80 e 61 EPC), nonché sulla mancanza di una qualsiasi forma di personalità giuridica in capo alle AI.

Anche la richiesta ausiliaria, con cui il Dr. Thaler rivendicava il diritto al brevetto europeo in qualità di proprietario e inventore di DABUS ex artt. 81 e 60 EPC, è stata ritenuta inammissibile dall’EPO.

L’art. 81 EPC, secondo periodo, prevede che se il richiedente non coincide con l’inventore, la designazione deve contenere una dichiarazione che indichi l’origine del diritto al brevetto europeo, cioè il titolo da cui tale diritto deriva. A sua volta, l’articolo 60 paragrafo 1 EPC indica quali soggetti legittimati il solo inventore o un suo avente causa e fa dunque riferimento a situazioni di acquisti a titolo derivativo, difficilmente applicabili alle invenzioni generate dall’AI.

Secondo l’EPO, infatti, i sistemi AI, privi di personalità giuridica, non potrebbero trasferire alcun diritto ad un avente causa. La qualità di proprietario o inventore di un’AI non costituirebbe dunque un titolo valido ai sensi degli artt. 81 secondo periodo e 60 paragrafo 1 EPC.

Ciò vale anche, secondo la Commissione Ricorsi, nel caso in cui le leggi nazionali (come accade nel diritto italiano, cfr. art. 64 del Codice della Proprietà Industriale “CPI”) prevedano “altre forme di acquisto a titolo originario o di derivazione del diritto al brevetto (come il possesso) e tali forme vadano oltre l’ambito di applicazione dell’articolo 60, paragrafo 1, EPC”. In casi simili “tali norme si applicherebbero alle domande nazionali, ma non ai brevetti europei, il cui diritto è attribuito ai soggetti elencati nell’articolo 60, paragrafo 1, EPC e a nessun altro” (cfr. EPO – Commissione Ricorsi, 21.12.2021, appl. n. 18 275 163.6, par. 4.2.2).

La decisione della Commissione Ricorsi si pone nel solco di altri rifiuti, basati sulle medesime considerazioni formali, pervenuti dagli Uffici brevettuali di Stati Uniti, Inghilterra e Germania, cui si contrappongono alcune contrarie e dirompenti pronunce, rese sempre nel contesto del caso DABUS.

The Artificial Inventor Project e i primi riconoscimenti della tesi del “robot-inventore”

La vicenda di DABUS si colloca all’interno di un progetto più ampio, “The Artificial Inventor Project” (“AIP”), portato avanti da un gruppo di esperti di proprietà industriale (tra cui il Dr. Thaler) e diretto dal Prof. Ryan Abbott con l’obiettivo di promuovere il riconoscimento di diritti di proprietà intellettuale per le invenzioni generate dall’AI. A tali fini, il team ha depositato in tutto il mondo diverse domande di brevetto, designando DABUS come inventore, dal momento che, a dire dello stesso Dr. Thaler, i trovati oggetto di domanda sarebbero stati sviluppati autonomamente dalla macchina.

Attualmente, secondo i promotori dell’AIP, il contributo umano è ineliminabile in ogni invenzione in cui è coinvolta un’AI: nella fase iniziale, di selezione e descrizione degli obiettivi brevettuali (che la macchina non è in grado di porsi); e nella fase finale di valutazione e selezione dei frutti inventivi raggiunti dalla o con la macchina.

Tuttavia, per il diritto brevettuale, il puntcum dolens riguarda il momento intermedio tra queste due fasi (preparatoria e di assestamento) e, cioè, la fase propriamente inventiva. Ebbene, a differenza di quanto accade nella larga maggioranza delle invenzioni artificiali, cd. “AI-assisted” (in cui la collaborazione uomo-macchina si estende anche a tale stadio), nelle opere che Thaler chiama “AI-generated” l’attività propriamente inventiva è svolta dalla macchina, in autonomia, secondo processi non sempre intelligibili all’uomo.

Il primo riconoscimento ottenuto nell’ambito dell’AIP risale al luglio del 2021, anno in cui la Commissione per le Imprese e la Proprietà Intellettuale Sudafricana (“CIPC”) ha concesso il brevetto su un’invenzione AI-generated, in cui, per la prima volta nella storia, un sistema AI (DABUS) è stato indicato come inventore e il suo proprietario (il Dott. Thaler) come titolare della privativa, in controtendenza rispetto all’orientamento dell’EPO.

A distanza di soli due giorni, un’innovativa sentenza della Corte Federale Australiana ha espressamente statuito che un sistema AI può essere designato come inventore, sebbene non come titolare del brevetto, poiché ciò è coerente con l’attuale realtà tecnologica, con la legge nazionale e con la promozione dell’innovazione.

Tale decisione, sempre pronunciata nel contesto del caso DABUS, accoglie le tesi di Thaler sulla necessaria distinzione “tra la questione sulla titolarità e sul controllo di un’invenzione brevettabile, e cioè su chi può essere un titolare di brevetto, da un lato, e la questione su chi può esserne l’inventore, dall’altro”. Solo una persona umana o un’altra persona giuridica può essere titolare di un brevetto (per ovvie ragioni sistematiche ed economiche) “ma è un errore dedurre da questo che l’inventore può essere solo un essere umano” (cfr. Federal Court of Australia, 30.07.2021, FCA 879, par. 226).

Se, dunque, tale posizione più ampia e flessibile venisse seguita da altre Corti e Uffici brevettuali, il sistema potrebbe presto aprirsi ai “robot inventori”.

Tuttavia, nell’attuale contesto normativo europeo, la designazione di un robot-inventore è, come visto, considerata formalmente invalida e comporta, in sostanza, il rigetto della domanda di brevetto. Finché l’EPO manterrà l’approccio mostrato nel caso DABUS, la soluzione per cui Inventorship e Ownership debbano essere entrambe attribuite ad un essere umano sarà l’unica percorribile nei Paesi aderenti alla Convenzione di Monaco.

Nel caso in cui, al contrario, l’Ufficio decidesse di abbandonare tale prospettiva, l’indicazione del sistema AI come inventore sarebbe percorribile, già allo stato attuale, senza con ciò inficiare la validità del brevetto e senza dover fornire la probatio diabolica circa l’effettiva natura inventiva del contributo fornito dall’AI.

La definitiva svolta nella dibattuta questione delle AI inventive/creative avverrà però solo nel momento in cui le Istituzioni europee riconosceranno una qualche sorta di personalità giuridica in capo alle macchine, la cui assenza è – come rilevato dall’EPO – il principale ostacolo formale affermazione dell’AI-inventorship. Questa, come noto, è la direzione recentemente intrapresa dal Parlamento europeo, quando – nella Risoluzione del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica – ha proposto l’istituzione di uno “status giuridico specifico per i robot” (cd. “personalità elettronica”).