Il Tribunale di Milano ha emesso l’11 luglio scorso un’ordinanza cautelare con cui ha ordinato a Cloudflare, società statunitense fornitrice tra gli altri di servizi di DNS (Domain Name System), di bloccare la risoluzione DNS di alcuni siti di torrent che consentivano illecitamente la messa a disposizione del pubblico di brani musicali in violazione dei diritti d’autore di Sony, Universal e Warner.

Il DNS è un sistema che consente agli utenti di accedere ai siti web, traducendo gli indirizzi web dei siti (ossia le stringhe “www”) in indirizzi IP numerici, attraverso un’operazione di conversione da nome a indirizzo IP detta appunto “risoluzione DNS”. Questo sistema permette agli utenti di trovare un sito partendo dal suo nome invece che dal suo indirizzo IP, molto più lungo e difficile da ricordare.

Il procedimento cautelare davanti al Tribunale di Milano ha fatto seguito a diverse delibere con cui l’AGCOM, su istanza presentata dalla Federazione contro la pirateria musicale e multimediale (FPM) per conto di Sony, Universal e Warner, aveva ordinato ai service provider la disabilitazione dell’accesso ai siti di torrent in questione da parte degli utenti italiani.

A seguito di tali delibere, le ricorrenti avevano rilevato che, mentre i siti in questione non potevano effettivamente essere raggiunti tramite i fornitori dei servizi di connessione (TIM, Vodafone, ecc.), essi erano invece accessibili attraverso il servizio DNS pubblico prestato da Cloudflare, che poteva essere utilizzato come servizio alternativo alla risoluzione DNS generalmente fornita dai servizi di connessione.

Le ricorrenti hanno quindi agito in via cautelare davanti al Tribunale di Milano contro Cloudflare, in quanto intermediario fornitore di servizi che venivano utilizzati per la violazione dei diritti d’autore ex art. 156 della legge sul diritto d’autore. Le ricorrenti hanno lamentato in particolare il fatto che Cloudflare, nonostante fosse perfettamente in grado di implementare gli ordini dell’AGCOM, non aveva applicato i blocchi ai siti in questione e permetteva agli utenti italiani che usavano il suo servizio di DNS di raggiungerli ugualmente.

Cloudflare ha resistito in giudizio affermando, da un lato, che il blocco dei siti richiesto dalle ricorrenti non sarebbe concretamente attuabile senza causare un effetto negativo anche sull’accesso agli altri siti non oggetto di contestazione e, dall’altro, che tali misure sarebbero sostanzialmente inutili posto che tutti i domini azionati dalle ricorrenti sarebbero comunque facilmente accessibili tramite altri servizi pubblici di DNS.

Il Tribunale di Milano ha rigettato gli argomenti di Cloudflare ed accolto il ricorso, ordinando a Cloudflare di adottare immediatamente le più opportune misure tecniche al fine di inibire a tutti i destinatari dei propri servizi l’accesso ai servizi dei siti in questione, inibendo la risoluzione DNS dei rispettivi nomi a dominio (e relativi alias) e fissando una penale di 10.000 Euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine.

Si tratta di una decisione molto importante in quanto per la prima volta è stato portato all’attenzione di un Giudice come il blocco disposto da un’autorità (ed implementato dagli access provider italiani) possa essere bypassato con il semplice utilizzo di un servizio di DNS pubblico, come quello offerto da Cloudflare. Per tale ragione, la fornitura da parte della resistente di un tale servizio è stato oggetto di una specifica richiesta di inibitoria delle ricorrenti.

Cloudflare potrà proporre reclamo contro l’ordinanza del Tribunale di Milano. È possibile che nel corso di tale fase il Tribunale avrà modo di approfondire maggiormente diverse questioni legate a questa particolare tipologia di servizio di risoluzione DNS.