tar-lazio-targa.jpgCon sentenza del 3 settembre 2012 il TAR Lazio ha annullato la decisione dell’AGCM dell’11 gennaio 2012 che aveva condannato Pfizer ad una sanzione di oltre 10 milioni di euro per abuso di posizione dominante in relazione ad azioni giudiziarie ed amministrative dalla stessa avviate per l’ottenimento prima, e la tutela poi, di un CCP sul latanoporst, il principio attivo del farmaco di Pfizer Xalatan. La storia è ormai nota agli addetti ai lavori. In sostanza, l’AGCM aveva ritenuto che Pfizer avesse illecitamente ritardato l’ingresso sul mercato dei generici del proprio farmaco Xalatan, tramite una strategia complessa in cui Pfizer avrebbe, in sostanza, allungato artatamente ed illegittimamente la protezione brevettuale ed instaurato azioni anche giudiziarie finalizzate non tanto alla tutela dei propri diritti, quanto ad ostacolare l’attività dei concorrenti genericisti. Sennonché, l’AGCM non era riuscita a motivare in modo convincente, ed i commenti al riguardo erano stati molti. Presso gli esperti di IP, era stato notato che la motivazione del provvedimento lasciava trasparire come l’Autorità avesse serie difficoltà a comprendere il significato delle più basilari categorie della legge brevettuale; nel mondo degli esperti di concorrenza, non ci si capacitava di come l’Autorità avesse potuto riscontrare l’abuso in capo a Pfizer in presenza di un comportamento costituito da nient’altro che dall’uso lecito degli strumenti messi a disposizione dalla legge brevettuale, e così apertamente contraddire la giurisprudenza rilevante.

Il TAR ha adesso detto che l’AGM ha sbagliato. Ha notato che “l’Autorità ha rinvenuto un’ipotesi di abuso di posizione dominante ponendo in correlazione varie condotte con le quali, sia in sede amministrativa che in sede giudiziaria, Pfitzer ha esercitato la tutela di diritti e di interessi legittimi” ed ha aggiunto che “al fine di poter sussumere tali condotte nell’illecito anticoncorrenziale considerato, le stesse devono connotarsi di un evidente intento escludente alla luce di un quid pluris che si aggiunga alla mera sommatoria di comportamenti leciti per i rispettivi ordinamenti amministrativo e giudiziario”. Tale quid pluris, però, l’Autorità non è stata in grado di trovare, così contravvenendo ai principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, tra tutte Astra Zeneca e ITT-Promedia.

 

Il TAR sembrerebbe aver visto bene. C’è però una parte della decisione che lascia perplessi. Il tribunale amministrativo in sostanza afferma che, a ben vedere, la motivazione dell’AGCM ruota intorno ad un pregiudizio di fondo. Già quando l’istruttoria fu avviata dall’AGCM nell’ottobre del 2010, il brevetto divisionale di Pfizer sulla base del quale il CCP sul latanoprost era stato richiesto ed ottenuto, era stato ritenuto nullo dalla divisione di opposizione EPO, in primo grado. La decisione non era definitiva, ed in effetti nemmeno allo stato efficace, essendo stata immediatamente impugnata da Pfizer. Però, nella motivazione dell’AGCM si leggeva chiaramente come la supposta nullità del brevetto azionato da Pfizer contro i genericisti fosse in realtà il motivo che aveva condotto l’Autorità a ritenere abusivo il comportamento di Pfizer. Ma al momento della decisione del TAR, il brevetto era stato nel frattempo riabilitato: la Board of Appeal aveva infatti riformato integralmente la decisione di primo grado, salvando il brevetto e con questo il CCP. A questo punto, il TAR, invece di chiudere semplicemente il discorso affermando che, in realtà, che il brevetto fosse poi ritenuto valido o nullo, ai fini dell’individuazione di un comportamento illecito dal punto di vista antitrust, non era minimamente rilevante, dice di fatto esattamente il contrario. Dice il TAR che l’AGCM, volendo ritenere, come ha fatto, importante il fatto dell’annullamento del brevetto in primo grado in sede di opposizione, avrebbe dovuto riconoscere che la decisione della Divisione di Opposizione non era definitiva in quanto impugnata, e quindi attendere – sospendendo il procedimento – l’esito del secondo ed ultimo grado di giudizio. Ma è evidente che, così dicendo, anche il TAR cade nello stesso tranello in cui è caduta l’AGM prima di lui, essendo difficile credere che il TAR avrebbe deciso allo stesso identico modo, assolvendo Pfizer, se nel frattempo il brevetto in questione non fosse stato salvato dalla Board of Appeal. Anche il TAR, quindi, alla fine, dimostra di non aver compreso come funziona, quantomeno, il mondo dei brevetti: nulla impedisce che ora, nonostante la decisione della Board of Appeal, un giudice italiano dica che il brevetto è (o era) nullo. E allora si dovrebbe rifare tutto daccapo? Interessante sarà vedere che cosa dirà il Consiglio di Stato, sempre che qualcuno abbia il coraggio di andare avanti…