Risulta che il 14 marzo scorso la Commissione europea abbia avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per pretesa violazione del diritto comunitario in riferimento all’art. 68 (1bis) CPI secondo cui “le aziende che intendono produrre specialità farmaceutiche al di fuori della copertura brevettuale possono avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo in anticipo di un anno rispetto alla scadenza della copertura complementare o, in mancanza, della copertura brevettuale del principio attivo, tenuto conto anche di ogni eventuale proroga”. Questa norma, almeno per come interpretata anche recentemente da certa giurisprudenza (interpretazione che io ritengo condivisibile ed in realtà obbligata da un dato normativo difficilmente discutibile), stabilisce che l’avvio della procedura finalizzata alla concessione dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) di un farmaco generico, ove iniziata anteriormente ad un anno prima della scadenza dei diritti di brevetto sul c.d. originator, costituisce contraffazione di brevetto. Entro due mesi dall’avvio della procedura, lo Stato italiano dovrebbe far pervenire le sue osservazioni. È presto per fare commenti al riguardo, anche visto che al momento non esiste alcun documento pubblico (o almeno non lo abbiamo trovato) in cui venga chiarito esattamente il motivo per cui, secondo la Commissione, l’art. 68 (1bis) CPI potrebbe non essere conforme alla normativa comunitaria. Allo stato attuale, l’unica informazione reperita sui motivi di tale pretesa non conformità al diritto comunitario è il fatto che, nel sito della Commissione europea, la procedura viene etichettata come “Patent linkage – authorisation of a medicinal product”. E poiché con questo termine comunemente si definisce la pratica con cui le autorità regolatorie farmaceutiche condizionano il rilascio di autorizzazioni all’immissione in commercio dei farmaci generici all’esistenza o meno di brevetti sui principi attivi, si immagina che la Commissione ipotizzi che, appunto, in base all’art. 68 (1bis) CPI si determinerebbe – da parte del sistema brevettuale – una (indebita) interferenza sull’attività amministrativa di autorizzazione del farmaco generico. Ma se è così, è difficile vedere dove stia la non conformità. Non pare che l’art. 68 (1bis) CPI abbia l’effetto di incidere sull’attività dell’autorità regolatoria, che infatti risulta continui ad autorizzare generici indipendentemente dall’esistenza o meno di brevetti. Sembra invece che l’art. 68 (1bis) CPI riguardi unicamente l’aspetto brevettuale (sul quale peraltro vi è competenza nazionale e non comunitaria) cioè il fatto che l’avvio della procedura regolatoria (ove effettuato con “troppo” anticipo) costituisca una contraffazione brevettuale e, quindi, ad esempio, giustifichi l’adozione di un provvedimento di inibitoria da parte dell’autorità giudiziaria.