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È dalla Germania che arriva la richiesta alla Corte di Giustizia UE di pronunciarsi circa l’estensione “soggettiva” della c.d. “Bolar clause”, di cui all’art. 10, comma 6 della Direttiva 2001/83CE. In breve il nodo della questione è: l’esenzione prevista dalla “Bolar” si applica oppure no ai soggetti terzi che si limitino a fornire un principio attivo coperto da tutela brevettuale al produttore di un farmaco generico che intenda utilizzare l’API (Active Pharmaceutical Ingredients) fornito per fini di studio e sperimentazione, tesi ad ottenere un’autorizzazione di immissione in commercio (AIC)?

Com’è noto con l’espressione “Bolar clause” (originata dal caso Roche Products v. Bolar Pharmaceuticals del 1984) si fa riferimento, in gergo brevettuale, alla particolare ipotesi di eccezione alla contraffazione prevista per tutti quei soggetti che, ancor prima della scadenza del brevetto, compiano attività destinate all’ottenimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un proprio farmaco una volta scaduta la copertura brevettuale.

Tuttavia, pur rappresentando certamente l’ipotesi di eccezione alla contraffazione più rilevante, sono ancora poche le sentenze aventi ad oggetto l’interpretazione di questo istituto che trova il proprio riconoscimento sia nelle legislazioni nazionali sia in quella comunitaria. Proprio la norma comunitaria, contenuta all’art. 10 comma 6 della Direttiva 2001/83CE, così come modificata con Direttiva 2004/27CE, recante il c.d. “Codice del farmaco”, è stata l’oggetto del citato rinvio pregiudiziale.

Muovendo dalla stessa, con decisione del 5 Dicembre 2013 (qui ne troverete una versione in inglese), l’Higher District Court di Dusseldorf ha chiesto ai giudici di Lussemburgo di stabilire se:

a. l’articolo in esame debba essere interpretato nel senso che anche le forniture di un principio attivo brevettato effettuate da un soggetto terzo nei confronti di un produttore di farmaci generici, che intenda utilizzare detto principio attivo per gli studi o test necessari all’ottenimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio, rientrino nell’ambito di protezione della norma in esame.

Ancora, nell’ipotesi in cui la risposta alla prima domanda dovesse essere affermativa:

b. se l’eccezione si applichi soltanto nel caso in cui il soggetto terzo fornitore, in base alle circostanze di fatto esistenti al momento della consegna, sia in grado di ritenere che il produttore di generici utilizzi detto principio attivo brevettato per i test e gli studi volti all’ottenimento dell’AIC;

c. o se, al contrario, il limite alla contraffazione posto dalla c.d. “Bolar clause” si estenda anche all’ipotesi in cui il terzo fornitore non sia a conoscenza dell’intenzione del produttore di utilizzare il principio attivo per l’uso “privilegiato” e non si sia accertato di detta circostanza.

Ed infine:

d. se, nell’ambito del suddetto rapporto di fornitura, vi sia l’obbligo per il soggetto terzo di adottare misure volte appositamente ad accertare che il genericista utilizzi effettivamente il principio attivo per i test e gli studi “coperti” dall’eccezione prevista dalla c.d. “Bolar clause”, oppure se queste misure siano differenti a seconda dell’ipotesi in cui il prodotto sia semplicemente offerto piuttosto che consegnato al produttore di farmaci generici.

All’origine del rinvio così formulato, una controversia tra una casa farmaceutica giapponese, la Polpharma S.A. Pharmaceutical Works, e un produttore, nonché distributore polacco (la Astellas Pharma Inc.), di farmaci e principi attivi a livello internazionale.

L’attrice lamentava da parte della Astellas la contraffazione di un brevetto europeo di sua titolarità, nazionalizzato tra l’altro anche in Germania, avente ad oggetto derivati della chinuclidina e preparati farmaceutici contenenti i medesimi. Pare, infatti, che la Astellas avesse dapprima offerto in vendita, tramite una serie di pubblicazioni su alcune riviste specialistiche e sul proprio sito web, e poi effettivamente venduto a Hexal AG (società tedesca leader in Germania nella commercializzazione di farmaci generici) un API di propria produzione, la c.d. solifenacina succinato, la cui formula chimica si affermava ricadere nell’ambito di protezione della rivendicazione n. 1 del brevetto attoreo.

In tutta risposta, parte convenuta rivendicava l’estensione, anche a suo favore (oltre, cioè, che in favore della Hexal), dell’esenzione di cui all’art. 11(2b) del PatentGesetz (attuazione nell’ordinamento tedesco dell’art. 10(6) della Direttiva). La Astellas sosteneva, in particolare, che la c.d. “Bolar clause” si estendesse anche ad essa poiché in fase di negoziazione le parti (la Astellas, appunto, e la Polpharma) avevano espressamente subordinato l’acquisto in contestazione all’esclusivo ed effettivo utilizzo dell’API fornito per gli studi e sperimentazioni della Hexal finalizzati alla produzione di un generico a base di solifenacina e ad ottenere la relativa autorizzazione all’immissione in commercio.

Da qui il rinvio …

Il quesito è certamente interessante. Non ci resta che attendere l’interpretazione della Corte UE.

Intanto, vi lasciamo alle vostre libere interpretazioni …