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Lo scorso 31 gennaio è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 9 del 14 gennaio 2013 recante “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini”, definita anche legge “salva olio Made in Italy”. Questa legge introduce nel mercato di oli “Made in Italy” una serie di novità significative dirette da un lato a garantire maggiore trasparenza in materia e dall’altro a combattere il fenomeno della contraffazione nell’ambito del commercio degli oli di oliva vergini.

Va subito detto che questa legge è attualmente in vigore, ma potrà essere motivo di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea dal momento che già il suo disegno legislativo, notificato lo scorso 21 novembre 2012 alla Commissione Europea, era stato da quest’ultima sospeso sino al 22 novembre 2013, perché ritenuto in contrasto con la normativa comunitaria vigente in materia.

La Commissione Europea ha infatti sostenuto che il testo legislativo italiano apporti limiti più restrittivi rispetto a quelli fissati dal Regolamento comunitario n. 61/2011 (che modifica il Regolamento comunitario n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva nonché ai metodi di analisi ad essi attinenti) con riferimento alla presenza di alchil esteri nell’olio di oliva vergine. Ed invero, mentre il predetto Regolamento stabilisce che la somma degli etil esteri e di metil esteri degli acidi grassi, insieme definiti alchil esteri, deve essere uguale o inferiore a 75 mg o avere un valore compreso tra i 75 mg e 150 mg, mantenendo un rapporto tra i due valori uguale o inferiore a 1,5, dal momento che un valore elevato di etil esteri sarebbe indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive, l’Italia porta invece il valore della presenza di alchil esteri negli oli vergini d’oliva a 25/30 mg. E ciò al fine di rafforzare la tutela dell’olio d’olia vergine “Made in Italy” rispetto ad altri tipi di olio con caratteristiche e proprietà organolettiche diverse e non adeguate ed al fine di evitare frodi in danno ai consumatori. Una restrizione questa che, seppur condivisibile dal punto di vista delle finalità di tutela perseguite dall’Italia, sarebbe discriminante per gli oli provenienti da altri Stati membri e prodotti nel rispetto della disciplina comunitaria, con ripercussioni sugli scambi intra-UE.

D’altronde lo scontro tra normativa italiana e normativa comunitaria non è nuovo nello scenario degli oli di oliva vergini. Ed infatti, già in occasione dell’emanazione del D.M. del 9 ottobre 2007 con il quale furono fissate le nuove “Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell’etichetta dell’olio vergine ed extravergine di oliva”, l’Unione Europea avviò una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e tale provvedimento legislativo rimase inapplicato perché ritenuto in contrasto con il Regolamento comunitario n. 1019/2002, relativo alle “norme di commercializzazione dell’olio d’oliva”, che invece stabiliva la falcoltatività dell’indicazione dell’origine dell’olio vergine ed extravergine di oliva. Scontro questo, tuttavia, che è stato il punto di partenza di una serie di trattative tra Italia e Commissione europea, conclusesi positivamente per l’Italia dal momento che l’Unione Europea ha adottato in seguito il Regolamento comunitario n. 182/2009 (che modifica il Regolamento comunitario n. 1019/2002, relativo alle “norme di commercializzazione dell’olio d’oliva”) introducendo l’obbligo di riportare in etichetta l’indicazione dell’origine dell’olio vergine ed extravergine di oliva.

Tornando alla legge “salva olio”, in attesa di vedere le reazioni dell’Unione Europea di fronte alla approvazione di tale legge da parte dell’Italia (nonostante, come detto, la sospensione deliberata dalla Commissione Europea) esaminiamo le novità più rilevanti della stessa legge che attualmente è in vigore e va applicata in quanto tale.

Anzitutto vengono introdotte precise modalità per l’indicazione dell’origine degli oli di oliva vergini, indicazione che dovrà essere ben visibile nella parte anteriore del recipiente o dell’etichetta ad esso apposta, in caratteri la cui parte mediana è pari o superiore a 1,2 mm. Vengono introdotte anche specifiche regole che il comitato di assaggio dovrà seguire nell’ambito di una prova organolettica di oli d’oliva vergini. La legge, inoltre, pone il divieto di registrazione di tutti quei marchi ingannevoli in merito alla provenienza delle materie prime degli oli di oliva vergini, la cui violazione comporterà la decadenza per illiceità dei ridetti marchi e l’obbligo in capo al titolare di avviare immediatamente tutte le procedure necessarie per ritirare dal mercato i prodotti contrassegnati dai marchi medesimi.

La legge “salva olio” stabilisce anche che i) tutte le etichette dovranno riportare l’indicazione del termine minimo di conservazione degli oli di oliva vergini fissato in 18 mesi dalla data di imbottigliamento; ii) l’obbligo per gli esercenti di pubblici esercizi di presentare confezioni di oli di oliva vergini dotati di etichette indicanti l’origine dell’olio e la provenienza del lotto di produzione di appartenenza; iii) per gli anni 2013, 2014 e 2015 i risultati delle analisi sugli alchil esteri degli oli di oliva vergini nella cui designazione di origine sia indicato il riferimento all’Italia saranno pubblicati con cadenza mensile in un’apposita sezione del portale internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; iv) le indicazioni fallaci evocanti una specifica provenienza o origine degli oli di oliva vergini che non risulteranno corrispondenti assolutamente alla loro effettiva provenienza geografica costituiranno ipotesi di reato.

Come si può notare, queste novità sono senza dubbio importanti e potranno cambiare il mercato degli oli di oliva vergini “Made in Italy”. Tuttavia per attestare gli effetti di tale legge sul mercato e capire se costituirà ancora una volta un’occasione per far recepire il punto di vista italiano a livello europeo bisognerà attendere ancora un po’.