La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7783/2014, è di recente tornata ad affrontare la questione legata al conflitto tra interesse alla riservatezza dei dati personali e diritto di difesa in giudizio, con risvolto favorevole per il secondo contendente e una precisa indicazione: l’abuso di protezione dei dati personali deve essere arginato. Una protezione eccessiva (ed ingiustificata), infatti, rischia – osserva la Corte – di ingolfare il sistema e di annacquare nell’indifferenziazione la tutela delle situazioni e degli interessi effettivamente meritevoli.
Occorre – precisa la Corte – che il giudice del merito, sulla base del suo sereno ed equilibrato apprezzamento, eserciti una adeguata comparazione tra gli interessi concretamente coinvolti, accantonando senza alcun timore questioni bagatellari poste a fondamento della tutela dei dati sensibili.
La pronuncia in commento si pone a sigillo di una controversia insorta tra la sig.ra X e la Banca Y, ove la prima accusava la seconda di aver prodotto senza alcuna autorizzazione, nel giudizio instaurato dal marito nei confronti della Banca per l’impugnazione del proprio licenziamento e reintegrazione sul posto di lavoro, le buste paga di essa sig.ra X.
Per tale motivo, la sig.ra X ricorreva innanzi al Tribunale di Roma invocando la violazione dell’art. 23 del Codice della privacy (i.e. D.lgs. 196/2003) per non aver essa acconsentito alla produzione in giudizio delle sue buste paga. La norma citata, infatti, dispone che, ai fini dell’utilizzo di dati riservati altrui, occorre il previo consenso del soggetto interessato.
La Banca respingeva le lamentele della ricorrente, appellandosi a quanto sancito dall’art. 24, 1° c., lett. f) del Codice della privacy, che consente di prescindere dal consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati personali è necessario per esigenze di difesa in giudizio. Tale esimente, tuttavia, opera a condizione che l’utilizzo dei dati riservati sia strettamente pertinente all’oggetto del giudizio e limitato a quanto strettamente necessario al legittimo esercizio del diritto di difesa. In punto, la Banca segnalava come la produzione dei cedolini della sig.ra X, nel giudizio vertente sulla richiesta di reintegro sul posto di lavoro avanzata dal marito, fosse indispensabile al fine di dimostrare l’insussistenza del periculum in mora invocato dal ricorrente licenziato, il quale sosteneva che la mancata sua reintegrazione e la perdita della retribuzione avrebbero comportato un ingente danno per la sua famiglia oltre all’impossibilità di pagare le rate del mutuo contratto dalla moglie presso la Banca convenuta (che, per tale ragione, possedeva le buste paga della prima).
Il Tribunale, riconosciuta la natura di dato personale dei cedolini, accoglieva la domanda della ricorrente per violazione di dati riservati, ma non quella per risarcimento del danno. In particolare, il Giudice adito osservava come la scriminante invocata dalla Banca non potesse trovare applicazione al caso di specie in quanto i documenti da essa prodotti riguardavano un soggetto terzo rispetto al giudizio, che la Banca aveva acquisito per ragioni del tutto estranee al giudizio. E precisava che si può prescindere dal consenso solo in caso di produzione in giudizio di dati riconducibili ad una delle parti in causa.
La Suprema Corte, adita dalla Banca, ha invece sottolineato, in applicazione dei principi sopra richiamati, che la riferibilità dei dati personali usati per fini difensivi a soggetti terzi non è decisiva, prevalendo l’esigenza di garantire l’esercizio del diritto di difesa, a patto – ovviamente – che siano rispettati i principi di pertinenza e di non eccedenza. Tanto più che, nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, il trattamento dei dati personali (ossia la produzione di documentazione attestante l’entità della retribuzione della moglie del ricorrente nel giudizio per il reintegro dello stesso nel posto di lavoro) è avvenuto nei confronti di un soggetto perfettamente a conoscenza dei dati in questione.
Sulla base di questi presupposti, la Corte ha accolto il ricorso proposto dalla Banca, cassato la sentenza del Tribunale di Roma e deciso nel merito la controversia con rigetto della domanda della sig.ra X.