CJEU.jpgLa Corte di Giustizia UE (CJEU) si è sempre pronunciata contro la possibilità per un giudice nazionale di emettere provvedimenti di inibitoria cross  border – vale a dire, con efficacia immediata  anche negli altri paesi – in materia di brevetti europei estesi a più paesi UE. Secondo la CJEU il primo ostacolo è rappresentato dai dubbi sulla possibilità di convenire più soggetti stranieri, ciascuno responsabile di atti di contraffazione nel rispettivo stato di appartenenza, davanti ad un unico giudice nazionale. Ai sensi dell’art. 6 del Regolamento n. 44 del 2001,  più soggetti stranieri possono essere convenuti davanti al giudice nazionale del luogo in cui uno di essi è domiciliato a condizione che tra le domande rispettivamente proposte nei loro confronti esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica, onde evitare il rischio di decisioni incompatibili da parte di più giudici nazionali. Secondo la CJEU, tale nesso non sussiste tra più contraffattori stranieri che abbiano posto in essere, nei rispettivi paesi di appartenenza, diversi atti di contraffazione: anche nell’ipotesi in cui gli atti di contraffazione posti in essere dai singoli contraffattori siano i medesimi (vendita dello stesso prodotto da parte di più società appartenenti al medesimo gruppo) le singole condotte in contraffazione porrebbero ognuna una diversa questione di diritto, dal momento che ogni distinta frazione nazionale del brevetto è soggetta, per quanto riguarda l’ambito di protezione, alla legge nazionale, così che non sussiste il rischio di decisioni  incompatibili da parte dei singoli giudici nazionali (Roche / Primus C – 539/03). Sempre secondo la CJEU, un ulteriore ostacolo alla giurisdizione cross border in materia di brevetti risiede nell’art. 22 n. 4 del Regolamento 44/2001, ove è previsto che la giurisdizione in materia di validità del singolo titolo nazionale (quale è la frazione nazionale di un brevetto europeo) spetti al giudice dello Stato membro in cui il brevetto è stato registrato. Supponendo che più contraffattori siano soggetti alla giurisdizione di un unico giudice nazionale (per esempio, due società tedesche), quasi certamente esse solleveranno un’eccezione /domanda riconvenzionale di nullità del brevetto azionato, così che l’inibitoria che dovesse essere concessa dal giudice tedesco non potrebbe valere anche per gli atti di contraffazione di altre frazioni nazionali  da parte dei medesimi convenuti. Se così fosse, l’inibitoria concessa dal giudice tedesco implicherebbe una pronuncia in ordine alla validità delle frazioni nazionali “straniere” (non importa se in via principale, come nel caso di una domanda riconvenzionale di nullità proposta dal convenuto in contraffazione, o in via di mera eccezione, secondo la sentenza CJEU C- 4/03, Gat / Luk) rispetto alle quali l’art. 22 del Regolamento prevede la competenza esclusiva del giudice nazionale dello stato cui attiene la singola frazione nazionale del brevetto. Su quest’ultimo punto la CJEU si è tornata a pronunciare con la sentenza C-616/10 in data 12 luglio 2012, resa a seguito di un rinvio pregiudiziale proveniente dal giudice olandese adito in via cautelare dalla società olandese Solvay SA, che aveva convenuto innanzi al giudice olandese una società olandese e due società belga del gruppo Honeywell per la contraffazione del proprio brevetto EP ‘440. Nel decidere sulle questioni del rinvio, la CJEU ha precisato che il giudice nazionale, nonostante i convenuti in contraffazione avessero sollevato l’invalidità del brevetto aizonato, era stato adito in via cautelare e, pertanto, non avrebbe emesso una decisione definitiva in merito alla validità del brevetto azionato, ma semplicemente un provvedimento provvisorio in cui si sarebbe limitato a compiere una valutazione circa la futura e probabile statuizione del giudice (straniero) competente nel merito sulla validità che “non avrà alcun impatto sulla decisione che il giudice competente deve prendere nel merito in base all’articolo 22 punto 4 del regolamento 44 /2001”. È innegabile che si tratti di uno sviluppo interessante verso una giurisdizione cross border: rimane però il problema di convenire più contraffattori stranieri davanti ad un unico giudice nazionale ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, sopra menzionato. Su questo punto la sentenza della CJEU, pur ribadendo l’orientamento Roche / Primus (C – 539/03), ha ritenuto che nel caso specifico, il fatto che tutte e tre le convenute del gruppo Honeywell (di cui una olandese e due belga) avessero ognuna indistintamente venduto nei medesimi paesi in cui era vigente una frazione nazionale implicava il configurarsi di una stessa situazione di fatto (cioè, ognuna della società convenute ha venduto lo stesso identico prodotto, per esempio in Finlandia) e della medesima questione di diritto (violazione delle norme finlandesi da parte di ciascuna delle convenute), così che sussisteva il rischio di decisioni incompatibili sulla medesima situazione di fatto e di diritto da parte del giudice belga e del giudice olandese, rispettivamente competenti per le due società belga e la società olandese del gruppo Honeywell in base al criterio del domicilio del convenuto. Si tratta però di una coincidenza non comune, tanto che si potrebbe anche pensare che il rinvio alla CJEU sia stato fatto ad hoc per provocare la Corte di Giustizia UE a rivedere le sue posizioni sulla giurisdizione cross border  dei giudici nazionali.