Philips, società leader nei settori Healthcare, Lighting e Consumer Lifestyle, e la sua controllata Modular Lighting Instruments, società attiva nel settore dell’ideazione di luminarie per interni, hanno ottenuto dal Tribunale di Milano un provvedimento di inibitoria cautelare a tutela di due modelli registrati aventi ad oggetto luminarie da interno del catalogo Modular. In particolare, Philips e Modular avevano rilevato che il catalogo 2010 di un noto distributore italiano, che peraltro aveva recentemente interrotto rapporti di distribuzione esclusiva con la stessa Modular, presentava due prodotti per illuminazione da interno molto simili ai modelli di luminarie “Cake” and “Downut” per le quali Modular ha ottenuto, rispettivamente, il Modello comunitario n. 213350-0003 – CAKE e il Modello comunitario n. 432737-0003 – DOWNUT. Il Tribunale di Milano (con ordinanza cautelare in data 29 dicembre 2010, poi divenuta stabile) ha accertato l’interferenza dei prodotti contestati con i modelli registrati. L’ordinanza è interessante in quanto ovviamente deve far riferimento al difficile parametro dell’utilizzatore informato: ai sensi dell’art. 41 comma 3 CPI, infatti, “i diritti esclusivi conferiti dalla registrazione di un disegno o modello si estendono a qualunque disegno o modello che non produca nell’utilizzatore informato una impressione generale diversa” e norma assolutamente analoga è prevista dal Regolamento 6/2002/CE sul modello comunitario. L’argomento che viene spesso utilizzato dai contraffattori convenuti in giudizio è che per utilizzatore informato deve intendersi un consumatore particolarmente attento, capace di distinguere anche i particolari che verrebbero invece tralasciati da un consumatore più distratto, da ciò derivando che disegni che, rispetto al modello registrato, si differenzino anche per il minimo particolare, non interferirebbero con l’esclusiva. La lettura corretta sembra però essere in senso contrario. L’utilizzatore informato non è semplicemente un consumatore attento, ma anche un soggetto conoscitore del mercato inerente il singolo prodotto, capace pertanto di prescindere da (piuttosto che notare e dare peso a) quei particolari che non contribuiscono all’impressione generale suscitata dal disegno, e che pertanto non valgono ad escludere l’interferenza. È facile intuire che quella dei disegni e modelli è una materia estremamente complessa e la formulazione delle norme rilevanti (così come la stratificazione delle interpretazioni di volta in volta fornite, spesso contrastanti) non facilita il compito dei giudici chiamati a decidere i casi di contraffazione. Nel caso di specie, tuttavia, il compito del giudice è stato relativamente facile: come confermato dall’ordinanza, da un confronto tra i design registrati di Philips-Modular e le luminarie contestate è risultato che “i lampadari in esame sono infatti praticamente uguali, sia nelle forme che nelle proporzioni”. Qualche piccola e insignificante differenza pare in realtà ci fosse, ma, appunto, si trattava di diferenze (spesso non visibili a luminaria instakllata ed in uso) da cui l’utilizzatore informato avrebbe saputo prescindere nell’identificare l’impressione generale del disegno. L’ordinanza in parola è intereSsante anche in quanto – affrontando un profilo di concorrenza sleale confusoria – ha stabilito che le espressioni utilizzate dall’ex distributore nel proprio sito web fossero tali da creare confusione nel pubblico in ordine alla effettiva provenmienza dei prodotti distribuiti, dando l’impressione che si trattasse ancora di prodotti Modular. E’ così stato emesso un ordine di modifica del testo presente nel sito web.