about elly.jpgE’ dell’11 luglio scorso la decisione con cui il Collegio della Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale del Tribunale di Roma ha riformato la decisione del G.D. che in prime cure aveva concesso la richiesta di inibitoria nei confronti di Yahoo in riferimento alla pubblicazione illecita del film o di brani del film About Elly. Si veda il precedente post qui. In sostanza, il Collegio ha ritenuto che la ricorrente PFA Films non avesse fornito la prova della violazione, ovverosia avesse omesso di indicare (e documentare) quali fossero esattamente gli URL collegati al contenuto pretesamente illecito, notando che tale “genericità” della contestazione fosse stata sollevata da Yahoo in propria difesa non solo nel corso del giudizio, ma anche in risposta alla diffida stragiudiziale inviata da PFA Films prima di adire il Tribunale di Roma. Sembrerebbe dunque che il Collegio abbia risolto una delle maggiori criticità dei noti precedenti romani (fra tutti il caso RTI contro Google, su cui sempre qui), confermando cioè che, in ottemperanza al principio per cui l’Internet Service Provider non soggiace ad un obbligo di sorveglianza circa i contenuti immessi dagli utenti, la contestazione generica non può avere l’effetto di determinare l’obbligo del “take down”. Ed è abbastanza immediata l’ulteriore conclusione che, se la contestazione deve essere specifica e cioè fare riferimento a specifici URL sui quali l’ISP possa intervenire, non sarà giustificabile un’inibitoria pro-futuro, come quella data ad esempio nei confronti di Google nel caso contro RTI. Qualcuno potrebbe sentire in ciò un richiamo a quanto detto dalla Corte di Giustizia nel recente caso EBay (vedi post qui) se non fosse che la decisione del collegio romano è precedente a quella della Corte UE. In ogni caso, come ho già notato, tutto si supera, a detta almeno del Tribunale di Milano, affermando che il soggetto in questione (in quel caso si trattava di IOL e del portale www.libero.it – vedi post qui), non è in realtà un Internet Service Provider, ma un Content Provider e che, pertanto, l’esenzione di responsabilità prevista dalla legge non si applica, né ha più senso parlare dell’esistenza o meno di un obbligo di sorveglianza poiché il Content Provider ha la responsabilità diretta dell’inserimento dei contenuti online. Forse dopo questa ultima decisione romana i titolari dei diritti inizieranno a spostare i contenziosi da Roma a Milano. Di sicuro non è finita qui.