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…Segue, da un mio precedente post qui. E’ di sabato scorso la notizia dell’entrata in vigore di un nuovo testo dell’art. 239 CPI, che potrebbe sembrare rimettere tutto in discussione. In questo post avrei dovuto parlare nel dettaglio del caso Flos. Ma penso sia meglio parlare prima di questa novità. Lascio i dettagli sul caso Flos alla seconda parte del questo post, per chi è veramente interessato ed avrà la costanza di leggere fino in fondo.

Il fatto è che, già alla pronuncia della sentenza nel caso Flos, il testo dell’art. 239 CPI era diverso rispetto a quello analizzato dalla Corte di Giustizia nel caso Flos. Era stato introdotto dal d.lgs. 131/2010 proprio sulla scorta delle conclusioni dell’Avvocato Generale poi confermate dalla decisione in questione, e stabiliva: “La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell’ articolo 2, n. 10) della legge 22 aprile 1941, n. 633, comprende anche le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute, di pubblico dominio. Tuttavia i terzi che avevano fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale allora in pubblico dominio non rispondono della violazione del diritto d’autore compiuta proseguendo questa attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché detta attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso”.

Sembrava quindi che il trend fosse ormai segnato a favore degli innovatori rispetto ai c.d. “copiatori” anche se la decisione milanese è solo un’ordinanza cautelare che potrebbe peraltro essere ancora soggetta a reclamo): tutela d’autore a tutte le opere del disegno industriale precedenti al 2001, che fossero state o non fossero mai state registrate; moratoria limitatissima per i “copiatori”.

Altri Tribunali, e segnatamente il Tribunale di Firenze, continuavano comunque ad essere restii a concedere la tutela autoristica alle opere del grande Le Corbusier. Vedi l’articolo di Roberto Bagnoli sul Corriere della Sera del 10 maggio 2011, in cui si riporta che a Firenze le opere del Maestro sono considerate “semplici sedie”. Mah…

E adesso? Ecco un testo nuovo di zecca dell’art. 239 CPI, varato con il Decreto Legge 70/2011 pubblicato il 13 maggio scorso prevede: “La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell’articolo 2, n. 10), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore – LdA, n.d.A.), comprende anche le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano divenute di pubblico dominio a seguito della cessazione degli effetti della registrazione. Tuttavia i terzi che avevano fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale allora divenute di pubblico dominio a seguito della scadenza degli effetti della registrazione, non rispondono della violazione del diritto d’autore compiuta proseguendo questa attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché detta attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso”. Testo, ammetto, di non chiarissima interpretazione, anche se sembra evidente il diretto collegamento tra questo testo ed il ragionamento della Corte di Giustizia nel caso Flos e l’uso che ne è stato fatto nel caso Cassina deciso dal Tribunale di Milano. Vedi Rita Fatiguso sul Sole 24 Ore di ieri.

Ed ecco, per chi ha avuto la pazienza di leggere fino a qui, dove eravamo rimasti sui casi Flos e Cassina.

Il caso risolto dalla decisione della Corte di Giustizia del 27 gennaio 2011 in causa C-189/2009 è il seguente. Flos aveva proposto un’azione innanzi al Tribunale di Milano dopo che Semeraro aveva fatto importare dalla Cina un modello di lampada denominato ”Fluida”, imitazione della lampada “Arco” di Flos. Nell’ambito del giudizio di merito, il Tribunale di Milano ha posto alla Corte UE la questione se il riguardo che il legislatore italiano ha usato nei confronti dei “copiatori” nell’attuare la Direttiva 98/71 sia da considerarsi in linea con il diritto comunitario (Vedi sul punto il precedente post sullo scenario normativo di riferimento). La Corte UE ha risposto che (i) gli Stati membri non possono negare l’accesso alla tutela di diritto d’autore alle opere di design che presentano i requisiti per l’ottenimento di detta tutela ai sensi della legge sul diritto d’autore, a prescindere dal momento in cui questi sono diventati di pubblico dominio (ii) anche se imposto dal bilanciamento tra il legittimo affidamento dei terzi e gli interessi dei titolari di diritti d’autore, il periodo di moratoria non può durare dieci anni. Un periodo più breve sarebbe senz’altro sufficiente. Inoltre, sottrarre 10 anni dai 70 dopo la morte dell’autore significa incidere pesantemente sulla protezione di diritto d’autore. Tutto chiaro, dunque? Al paragrafo 32 della motivazione la Corte, si dice però anche che ai sensi dell’articolo 17 della Direttiva 98/71 solo un disegno o modello che sia stato oggetto di registrazione in uno Stato membro potrebbe beneficiare della tutela di diritto d’autore vigente in detto Stato membro, ciò che ci riporterebbe daccapo: tutela per tutti, niente moratoria (almeno non di dieci anni), ma solo se il modello è in passato stato oggetto di registrazione. Ed è sulla scorta di questa osservazione della Corte che High Tech, nel caso che la ha recentemente contrapposta a Cassina davanti al Tribunale di Milano, ha sostenuto la non tutelabilità della Chaise Longue di Le Corbusier (su cui Cassina vanta diritti derivanti da una licenza da parte della Fondazione Le Corbusier), mai oggetto di registrazione. Il Tribunale di Milano ha però risolto la questione chiarendo che la lettura proposta da High Tech della decisione della Corte di Giustizia sarebbe “oggettivamente incompatibile con la previsione contenuta nell’art. 239 CPI come da ultimo novellato, laddove si afferma chiaramente un principio opposto, ovvero che le opere di design industriale che non abbiano mai goduto in Italia della protezione come modello o disegno registrato sono comunque tutelate sotto il profilo del diritto d’autore”. Aggiunge il Tribunale che dal punto di vista sistematico “la direttiva 98/71 nasce dall’esigenza di uniformare in ambito comunitario la disciplina in tema di protezione giuridica dei disegni e modelli, generalizzando, in particolare, il principio della cumulabilità della tutela dei disegni registrati con quella offerta dal diritto d’autore”, cosicché, in sostanza, era ovvio che la Corte di Giustizia facesse riferimento solo ai disegni e modelli registrati, visto che l’oggetto del rinvio pregiudiziale concerneva, appunto, la compatibilità dell’art. 239 CPI con la direttiva 98/71, e che la Corte altro non poteva che rispondere agli specifici quesiti posti dal giudice del rinvio; tanto è vero che la Corte ha nella stessa decisione pure affermato “non si può escludere che la protezione del diritto d’autore per le opere che possano costituire disegni o modelli non registrati possa risultare da altre direttive in materia di diritto d’autore e, in particolare, dalla direttiva 2001/29, se ricorrono le condizioni per la sua applicazione, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio” (paragrafo 34).